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giovedì 27 novembre 2014

Il medico della mutua

Non so voi ma io quel film di Alberto Sordi lo adoro
Se non l'avete mai visto, vi consiglio di vederlo!almeno un pezzettino
In Italia io avevo certo avuto a che fare con la medicina in regime privato, ma ora che sono qui con bambini, panza e milioni di acciacchi al seguito mi rendo conto di cosa vuol dire un sistema sanitario nazionale. Prima di tutto, qui proprio non sai dove andare. Nei due ospedali pubblici (ma questo non significa che siano gratuiti) lavorano sicuramente medici validi (perché ci lavorano dei ragazzi con cui ho studiato all'università qui, e miei professori di allora che stimo molto) ma sono edifici assolutamente fatiscenti, sporchi, in cui tutti i giorni i medici si trovano a doversi arrangiare con il poco che hanno a disposizione: mancano garze, guanti e a volte persino l'elettricità; ho visto gli specializzandi stare seduti in mezzo a due letti ventilando manualmente in contemporanea due pazienti con l'ambu...d'altro canto invece, sorgono ospedali privati come funghi. Bellissimi, luminosissimi, con annesso centro commerciale, laboratorio di analisi, parco giochi, salone di parrucchiera, farmacia-supermercado , pero sono luoghi su cui non puoi avere una certezza finché non li provi sulla tua pelle. Vi faccio degli esempi: tra tre mesi e mezzo dovrò partorire. Io ho ben chiaro nella mia mente il tipo di parto che desidero. Finché ero in Italia, ero sicura che avrei partorito in casa. Arrivata qui ci ho ripensato, perché per prima cosa non ci sono ostetriche disposte ad assistere a domicilio, e seconda cosa qui il traffico e' spaventoso, se avessi bisogno di un trasferimento d'urgenza in ospedale rischierei di restare imbottigliata e morire. Aggiungiamo ci anche che vivo in una zona volutamente sperduta, che piano piano si sta riempiendo di condomini e centri commerciali, ma per ora e' un po' lontana da tutto (a parte dalla sperdutissima scuola dei miei figli e dal mio ambulatorio). Ho cercato quindi una casa parto, proprio perché voglio che il parto sia l'evento naturale e familiare che dev'essere, meno medicalizzato possibile. Siamo stati a visitare l'unica esistente, una vera a propria casa in cui lavora una simpatica e affascinante ostetrica tedesca che ha girato il mondo, ospita ragazze americane molto hippie in infradito e pantaloni alla zuava che studiano ostetricia e vogliono fare pratica in una zona dove i parti improvvisati sono all'ordine del giorno. Io sono rimasta colpita da due cose: una ragazza che era in travaglio mentre io chiacchieravo con l'ostetrica era arrivata con un tupperware con il pranzo e la cena (nel caso la cosa dovesse andare x le lunghe) e poi mi ha colpito la lista di cose che il servizio offerto non copriva..,capisco il pranzo (anche se mentre sono in travaglio e preparo le mie cose x andare a partorire non so se avrei la lucidità nemmeno per imbastire una pasta in bianco), ma persino il filo di sutura per ricucire un'episiotomia o una flebo di glucosio per tirarti su sono contemplati... Nonostante questo ero decisa per la casa parto, ma Daniel non ne ha voluto nemmeno parlare: era rimasto sconcertato dall'aiuto ostetrica americana seduta sul divano che giocherellava con le dita dei piedi nudi mentre compilava la mia cartella clinica. E così mi sono rivolta ad un ginecologo, che lavora in tre ospedali diversi quindi mi ha dato le opzioni: in uno il parto naturale costa 16000 quetzales, in un altro 20000 e nel più lussuoso e vicino a casa mia 23000. Coooosa? Ma essendo un parto naturale facciamo tutto io e il bimbo, quindi che prestazione sto pagando? Te che mi guardi ansimare e spingere? Perché poi ovviamente il prezzo non include la degenza, le visite al bambino ( a parte la prima "revisione veloce" per determinare l'apgar). Il medico mi ha poi fatto capire in più occasioni che lui e le sue pazienti di solito preferiscono il cesareo ( che, oh guarda un po', costa almeno il doppio!). Visto che non sono stata zitta e ho esposto le mie perplessità e le mie esigenze, mi ha caldamente consigliato di stilare una lista di richieste da portarmi dietro al momento del parto, del tipo : non mi fate il cesareo senza chiedermelo, datemi subito in braccio mio figlio, non rimpinzatelo subito di latte artificiale...
Vabbe, mancano tre mesi e mezzo, faccio ancora in tempo a decidere di partorire in casa a tradimento, invitando per un te' la mia amica edna specializzanda in ginecologia.
E IN NETTO CONTRASTO...




Per quanto riguarda i bambini, non posso non lamentarmi. Il pediatra privato e' gentilissimo, di origine italiana, solo che quando ha visitato javi (motivo di consulta: trauma) e gli ha trovato in lieve raffreddore gli ha prescritto cortisone per una settimana e antiistaminici per tutta la stagione, fino a febbraio. Ma dico io, e il caro vecchio inutile aerosol? E la legge che tutte le mamme hanno marchiata a fuoco sulla pelle : paracetamolo sopra i 38 gradi di febbre, antibiotico dopo tre giorni di febbre? E due pastigline propoli/echinacea?? Perché subito bombardare il bimbo di cortisone? Da notare che aveva i bronchi pulitissimi, non è che gli fischiassero i polmoni come locomotive a vapore! Ho sorriso, intascato la ricetta, e sono tornata a casa con javi. La sera però, per non essere una madre degenere, gli ho fatto una tisana alla cannella e limone con due barattoli di miele. Al mattino il raffreddore non c'era più ( ma sarebbe passato anche senza la tisana, ci scommetto!)
Ho capito che andrò dal pediatra solo con figli moribondi. Ah, e per le vaccinazioni! Costo di un richiamo: 1000 quetzales (100 euro). Richiami necessari secondo lui in un bambino di sei anni che secondo il calendario italiano e' a posto (e pure di più, perché gli abbiamo fatto anche epatite A e Febbre gialla, prima di andare in Kenya)?? Almeno quattro quest'anno!! Io sono assolutamente pro pro pro e ancora pro-vaccinazioni, ma vaccinare un bambino contro tre tipi di influenza (che poi magari si becca uno degli altri centinaia di tipi presenti ogni anno) mi sembra superfluo, anche perché se almeno una volta l'anno non si becca l'influenza, io il mio spirito di mamma crocerossina su chi lo scarico???

Ecco io non lo so. Le cose funzioneranno male negli ospedali pubblici italiani, le liste d'attesa saranno lunghissime, ma almeno i medici che ci lavorano se non sono li per raccomandazione uno straccio di concorso l'hanno fatto... E si può scegliere se andare in privato. Qui si è costretti, e mi sento tanto come nella clinica villa celeste del dottor guido tersilli...


P.s me lo avevate chiesto...in fondo alla pagina c'è la possibilità di inserire la mail per seguire questo blog...lo avete voluto e mo' però cliccatelo!!!

martedì 11 novembre 2014

storie di semaforo

trovarsi bloccati al semaforo è una di quelle cose che non fa piacere a nessuno, penso, in nessuna parte del mondo. c'è chi approfitta del semaforo (orroooooore!) per rispondere agli sms, c'è chi al semaforo si mette a programmare il navigatore, c'è chi al semaforo impreca e c'è chi al semaforo non si ferma proprio.
qui in Guatemala, al semaforo, può capitare di:
- godersi uno spettacolino acrobatico: equilibristi che fanno la piramide umana, giocolieri (purtroppo spesso sono bambinetti scalzi che fanno la gimcana tra le auto) e un delizioso vecchietto che becco sempre nella stessa avenida ( e faccio apposta a passare lì perchè mi scompiscio da sola dalle risate) e che vi chiedo perdono non ho avuto la prontezza di fotografare. il signore ormai con i capelli totalmente bianchi ma con un fisico atletico, con tutta calma appoggia il so cuscino blu per terra, poi ci si mette a testa in giù, fa la verticale un po' storta e poi si mette ad agitare i piedi scalzi come se stesse facendo la bicicletta in aria. giusto un minuto, e poi rotola giù e viene a chiedere il meritato compenso.



- essere derubati: se lasci il finestrino abbassato (e ti viene voglia, perchè qua in certe ore della giornata anche nei periodi "invernali" arriviamo a 29 gradi) in certe zone della città anche centralissime e bellissime può accadere che una mano velocissima ti sfili gli occhiali, o che due simpatici ometti in motocicletta ti infilino la mano nell'abitacolo e ti prendano il cellulare con cui stai giocherellando, sempre se sei fortunato e non ti minacciano pure con una pistola prendendoti borsa e tutto il resto. adesso per scongiurare questo evento ti trovi spesso affiancato anche da poliziotti in motocicletta nelle zone più "calde", e devo dire che per fortuna a me non è ancora capitato nulla, però seguo il consiglio di mia cognata che mi ha raccomandato di girare con almeno un cellulare vecchio in macchina, da consegnare prontamente se mi dovessero derubare, invece di quello nuovo.
- fare la spesa: al semaforo vendono davvero di tutto. avete fame? qualsiasi tipo di snack come grani di mais tostati, barrette al cioccolato, frutta (fragole, banane, papaya, ananas già tagliato...). avete sete? tutte le bibite gassate che potete desiderare, ad esempio coca cola, fanta, cocacola al sapore di uva, al sapore di ciliegia, al sapore di fragola, coca cola con limone. avete finito la batteria del cellulare? ti vendono il caricabatterie da auto, l'auricolare e anche la custodia. è il compleanno del vostro nipotino ma non gli avete fatto il regalo? nessun problema, vi vendono dei giocattolini, degli adesivi giganti per decorare la stanza, delle bamboline. è il vostro anniversario di matrimonio e temete l'ira funesta della consorte se arrivate a casa a mani vuote perchè ve ne siete palesemente dimenticati? mazzi di fiori di ogni sorta per fare bella figura.
io in genere compro le fragole, anche se immagino siano parecchio lontane dal concetto di biologico, e per di più con tutto il gas di scarico delle auto a cui sono state esposte...

ci sono anche i soliti che ti bussano al vetro senza venderti niente, ma vogliono solo i soldi e non so quanto possa funzionare con tutta la concorrenza che c'è.
in alcune zone della città (per esempio poco lontano da casa mia) un'organizzazione sicuramente criminale porta in pulmino alla mattina dei disabili gravi (persone a cui sono state amputate le gambe, o magari con qualche grave malformazione scheletrica) e li abbandona lì sotto il sole, in mezzo alla strada, con i rischio di essere investiti, perchè chiedano l'elemosina. dato che strisciano sull'asfalto (o i più fortunati sono dotati di uno skateboard su cui si spostano) non arrivano nemmeno al finestrino delle auto (quindi è davvero difficile vederli) ma hanno un lungo palo con attaccato un sacchetto per riuscire a raggiungere il guidatore.

insomma, stare al semaforo è un'esperienza dolce/amara...ti scontri con la miseria nel senso di povertà e anche con la miseria umana di certi individui che si approfittano delle sfortune di altri per tradurre la pena in profitto, oppure ti trovi a sorridere vedendo un'intera famigliola con la faccia dipinta fare i pagliacci per guadagnare pochi spiccioli. in ogni caso, vale la pena fermarsi al semaforo (con il finestrino chiuso, nel dubbio!).

lunedì 10 novembre 2014

Ich bin ein berliner

il nove era l'anniversario della caduta del muro di Berlino. 25 anni. Bene, certo, un grande evento, ma credo che al di fuori della Germania non è che si sarà celebrato tanto. In fondo ogni paese ha le sue ricorrenze. Beh voi non ci crederete, ma nella scuola di Javi l'hanno celebrato, e in grande!
Prima di tutto ci hanno mandato tre settimane prima una circolare in cui ci consigliavano (a tutti i genitori di bambini che studiano tedesco nella scuola, perchè tra i compagni di classe di Javi c'è chi ha scelto francese come terza lingua e chi cinese mandarino)vivamente l'acquisto di una maglietta ufficiale per la celebrazione della caduta del berliner mauer, alla modica cifra di 75 quetzales (non è poco, al cambio sono circa 8 euro, ma se ci pensate qui con quella cifra faccio 1/4 di serbatoio di benzina alla macchina!!). poi si è cominciata nell'opera di proselitismo per coinvolgere più mamme possibile nell'allestimento del buffet crucco's style. Da notare che qui l'80% delle persone la Germania la conosce solo perchè ha vinto i mondiali, nonostante nella scuola di Javi ci sono tutti figli di papà per i quali i soldini non sono un problema, se proprio devono viaggiare la meta obbligata sono gli States, e poi dell'europa hanno visitato solo quello che fa più figo, cioè Italia Francia e Spagna. potete immaginare che larga conoscenza hanno della cucina tedesca. La maestra di Javi, al contrario, ha vissuto degli anni in germania e ne è una grande appassionata, quindi aveva almeno delle direttive per le mamme. Io non vi voglio lasciare sulle spine, anche perchè mi conoscete, quindi ve lo dico subito che mi sono fatta coinvolgere senza troppo sforzo e che mi sono anche fatta incastrare per preparare 100 pretzel, 4 apfelstrudel e qualche litro di gluhwein. le altre mamme hanno preferito dedicarsi all'insalata di patate e altre ancora che riconoscono i propri limiti e non soffrono di superdonnismo mescolato e peggiorato dall'iperattività come me, si sono limitate ad offrirsi di comprare dei wurstel da aperitivo.





e così due giorni prima ho cominciato con i tentativo di preparazione dei p'retzel (ah perchè secondo voi io ho accettato di farli perchè li sapevo già preparare? mai vista nemmeno la ricetta in vita mia, li avevo solo mangiati a qualche octoberfest), e adirla tutta non ho ancora trovato la ricetta definitiva. Quelli che go portato alla celebrazione erano parecchio anemici anche se soffici e di sapore simile all'originale. Tra l'altro reperire gli ingredienti non è stato facile. Il sale grosso, che mi sembra la più grande banalità del mondo, qui non esiste. ho acquistato una carissima confezione di "sale kosher semigrezzo" che ovviamente costava quanto il sale raccolto a granellini uno per uno da una pozzanghera di acqua di mare nel deserto del Sinai. Per il gluhwein ci voleva il cardamomo. Ora, sembra che il Guatemala, manco a farlo apposta, figuri come il primo produttore mondiale di cardamomo. peccato che lo produca solo per esportarlo, perchè girati tre supermercati non lo avevano nemmeno mai visto. Per fortuna a farmi tornare con i piedi per terra o meglio a farmi ridimensionare come inutile sciocchezza una cosa tipo questa (l'assenza di un ingrediente rispetto alla ricetta originale) che per me si trasforma in una crisi di panico mista ad ansia da prestazione, c'è Dany, che sghignazzando mentre lo chiamavo terrorizzata sfrecciando sulla strada diretta all'ennesimo mega-iper-store mi ha detto "ma chi vuoi che se ne accorga se non sono mai stati in germania eprobabilmente mai ci andranno?" Good point, direbbero gli anglosassoni, e così è stato.  almeno lo strudel ero certa di saperlo fare, anche se la pasta sfoglia me la sono dovuta inventare (qui non la vendono) e i pinoli sono stati sostituiti da noci (si beh mi aspettavo di trovare pini e pigne in un oaese tropicale?).
e così giunto il giorno della celebrazione (che però è stata anticipata al 7), mi sono presentata sfatta e spettinata con i miei quattro vassoi di cibarie e tre bottiglie di gluhwein fumante (ahhhhh di che meraviglioso profumo natalizio è impregnata adesso casa mia..stona un  po' con il clima estivo e le palme...) e mi ono trovata davanti a un gruppetto di mamme strafighissime con le unghie laccate, i tacchi chilometrici (io già prima della gravidanza usavo ballerine rasoterra 5 giorni su 7, adesso sempre), i capelli vaporosi appena usciti dal parrucchiere, che facevano esporre alla loro donna delle pulize/governante una ciotolina ripiena di wurstel o insalata di patate, per non sporcarsi. E un'altra volta, da non so che angolo, mi è spuntato il complesso di Fantozzi.

per fortuna mi sono distratta con i canti e i balletti dei bimbi, la premiazione dei migliori studenti dell'anno scorso di tedesco con premio dell'ambasciata tedesca, inni di qua e inni di là, saluto alle bandiere, discorsi di rito e poco dopo un'orda di genitori affamati e bambini che si davano all'assalto scomposto del buffet, al grido di "chi prima arriva meglio alloggia". sono riuscita a intravedere il mio Javi, che in mezzo a tutti quei ragazzi sembrava uno scricciolo, che sgraffignava zitto zitto 4 fette di strudel e si nascondeva su una panchina a mangiare ed aspettare che io finissi di svolgere la mia fantozziana missione. poi, così com'erano arrivati, i genitori e i bambini affamati sono spariti come cavallette, lasciando desolazione sul tavolo del buffet e sporcizia nel salone della festa. noi mamme per fortuna abbiamo solo dovuto recuperare i nostri vassoi (yessss! i miei completamente vuoti!!) e andarcene senza rassettare, a quello ci ha pensato la super squadra di pulizie della scuola.
mentre andavo verso il parcheggio, con javi imbrattato di strudel di mele fino al collo, sorridevo e pensavo tra me e me che in fondo i buffet sono uguali a qualsiasi latitudine...e io troverò sempre il modo di stressarmi per fare più di quello che dovrei.

mercoledì 5 novembre 2014

la terminal

ciao a tutti! scusate sono stata un  po' latitante...non mi sono già stufata di scrivere anzi!e non sono nemmeno a corto di materiale, perchè davvero ne capitano tutti i giorni che mi lasciano a bocca a aperta a pensare "ma che davveroooo?". se avessi la possibilità di mettermi a scrivere subito quello che capita, credo ne uscirebbe un libro in capo a un mese.



comunque, torniamo al topic di oggi. "la terminal" è un posto diciamo pure affascinante. è una specie di mercato, una specie di piazza del commercio, ovviamente ambientata qui, quindi in soldoni è: un posto molto pericoloso dove si concludono buonissimi affari e dove altrettanto frequentemente vieni fregato. Il fatto di essere bionda o perlomeno castana e non possedere le fattezze tipiche del luogo (tarchiatella, naso ampio, fronte schiacciata, occhi enormi e neri, pelle parecchio abbronzata, come direbbe mister B) predispone parecchio alla seconda opzione, cioè il fatto di essere fregata senza pietà e per di più derubata.
non so chi mi abbia messo il tarlo nel cervello di andarci, forse Olga che me ne decantava le meraviglie "vendono tuuuuuuttti i tipi di aggeggi di plastica prodotti!di tutte le fattezze!" "ci sono tutti i tipi di verdure e frutta sulla faccia della terra!" "costa tutto pochissimo!" o forse il fatto che nella vita, queste esperienze borderline, almeno una volta bisogna farle, o forse il fatto che fondamentalemente sono una svitata a cui piace complicarsi la vita, fatto sta che ieri, approfittando della necessità di andare all'ufficio immigrazione (a proposito: sono ufficialmente dotata di permesso di soggiorno illimitato...yeah! sono un'immigrata regolare! sono soddisfazioni) che dista poco da questa "terminal", sono riuscita a convincere il riluttante daniel a scaricare me e Olga nei pressi di questo luogo incantato, mentre lui (che in posti del genere non ci mette piede nemmeno sotto tortura, e più le cose sono folcloriche più le aborre) avrebbe fatto qualche giro in macchina. non perchè avese voglia di farsi un giro, semplicemente perchè per lui anche solo il parcheggiare la macchina lì era equivalente ad un gesto ad alto rischio. e mi duole ammetterlo, ma ha ragione.

smontiamo dalla macchina allegre ed entusiaste, ci diamo appuntamento in mezz'ora con daniel, e partiamo alla scoperta delle strade che compongono la terminal. non avevo specificato che avendo capito che il luogo non era proprio propenso alla passeggiatina di due ragazzuole spensierate, mi ero preparata come segue: rimossi tutti gli orecchini, braccialetti, anelli, catenine; vestita come una stracciona ma senza tasche, che avrebbero richiamato l'attenzione (c'è un portafogli dentro?), lasciata la borsa in auto, infilati soldi a casaccio nei più reconditi anfratti del maglione,dei calzini e delle mutande. direte voi...perchè? perchè se li nascondevo tutti nello stesso posto rischiavo di estrarli tutti al momento di pagare una cosa, rivelando la mia "ricchezza" e probabilmente seminandone la metà tra le merci, e poi perchè se mi avessero cercato di derubare, la cosa più probabile è che mi avrebbero sottratto i soldi da solo un nascondiglio. ora lo so, vi ho lasciato a bocca aperta perchè da cotanta svitata non vi aspettavate una mossa così astuta!
insomma siamo smontate da sta macchina con il primo obiettivo: acquistare la frutta e la verdura per la settimana. secondo obiettivo: acquistare la carne per la settimana e le uova (una sessantina!!). ultimo obiettivo: cazzeggiare e comprare qualcosa che ci piacesse.

vi anticipo subito, svelando il colpo di scena, che non siamo riusciti a completare nessuno dei tre obiettivi. la frutta e la verdura, qualcosa abbiamo comprato, ma poichè qui sono dei geni e tutti i venditori di banane sono concentrati nella stessa strada, tutti i venditori di pomodori idem, il necessario per la settimana di vegetali eraa distribuito su una superficie quadrata di circa 300 metri, e in mezz'ora è molto difficile individuare la merce migliore, litigare con il proprietario perchè non mi applichi la tariffa "straniero deficiente" che equivale a circa il doppio di quella "massaia che si crede di essere furba" e circa 4 volte di quella "signora indigena che va al mercato per sostentamento della famiglia e ha i quetzales contati". penso comunque di aver spuntato una tariffa intermedia, tipo "gringa che si crede integrata e crede di aver capito come funziona qui, e quindi mi fa un po' di simpatia ma la frego lo stesso". anche perchè devo dire la signora olga che mi accompagnava non è proprio un falco, le avevo chiesto di intercedere per me con i commercianti in maniera discreta (tipo io nascosta una decina di metri più in là e lei che faceva finta di comprare per sè) ma ogni volta che chiedeva una cosa poi si girava verso di me e urlava "dice che l'uva costerebbe 17 quetzales la libbra ma le fa un prezzo speciale di 15!". e la mia copertura andava a farsi friggere. La carne e le uova non ci siamo azzardate a comprarle, perchè l'ambiente non sembrava dei più salubri. forse in una favelas del brasile ci sarebbero stati parenti dei batteri presenti nella carne appesa nelle macellerie della terminal. per terra c'era qualsiasi tipo di spazzatura possibile, organica e non organica, e anche camminare non era un'esperienza piacevole. meno male che per una volta, invece di fare la turista hippie che sfida i 15 gradi con abbigliamento da spiaggia, non mi sono messa i miei infradito ma delle scarpe chiuse.
il cazzeggio è sembrato subito un'idea balzana perchè sapevamo che cercando la frutta e la verdura avevamo bruciato già la maggior parte della nostra mezz'ora, e siccome dany sarebbe passato a recuperarci e avrebbe preteso che salissimo in macchina in venti secondi, era evidente che perdere tempo a fare shopping non era un'opzione. oltretutto qui hanno la simpatica usanza, come nei mercati arabi, di tirarti per un braccio per farti comprare da loro. ho subito numerose molestie verbali, per cui credo resterò a lungo scossa, perchè mi sono sentita dire non solo da ragazzini ma anche da vecchie incartapecorite " vieni amore, prenditi tutto quello che ho" "ehi biondina cosa mi porti via oggi?" "dolcezza, ti piace la banana? io ho quella più dolce" "tesorino non lasciarmi qui tutto solo con tutti i broccoli, portane via almeno uno". oltretutto in Guatemala il doppio senso è dietro l'angolo e lo sport nazionale più praticato, ma io ancora no li afferro tutti (beh ma credo che quello della foto lo avrete capito anche voi) quindi non sono sicura che non si stessero facendo delle grasse risate alle mie spalle. 
tuttavia, ho buttato l'occhio su un magazzino che vende solo articoli natalizi (e non dico solo a dicembre, ma tutto l'anno!) e ho pensato che fosse un affaraccio comprare l'albero di natale e tutti gli addobbi il 4 novembre, perchè sicuramente siamo fuori stagione. Mi sbagliavo: qui la stagione valida per pensare al natale comincia ad ottobre, quindi sono riuscita a beccare in pieno i prezzi dell' "alta stagione".

non aggiungerei altro, vi lascio all'immagine di due pazze che corrono dietro ad un'auto guidata da un uomo alquanto spaventato ma anche alquanto arrabbiato perchè la mezz'ora è diventata un'ora, con in braccio una ventina di sacchettini di plastica, un sacco alto un metro pieno di addobbi natalizi, e un albero di 1 metro e ottanta non smontato.


assolutamente off-topic: lunedì mi hanno fatto un'itervista a radio stonata, se vi va di sentire quante stupidaggini sono riuscita a dire in venti minuti scarsi, questo è il link!
intervista radio stonata