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lunedì 27 aprile 2015

Strani giorni, viviamo strani giorni

In questi giorni mi sento un po' stravolta. Sarà la stanchezza, sarà il turbine di cambiamenti che Ricky ha portato, ma in certi momenti mi sento finalmente a casa, e dei momenti mi chiedo che ci sto a fare qui, la casa la sento distante migliaia di km...
A volte capita perché colgo dei dettagli che mi fanno pensare che non potrò mai appartenere a questo strano Paese (anche se, finalmente, tra qualche giorno avrò l'agognato permesso di residenza permanente), che ci sono cose qui comunissime a cui non mi abituerò mai
1) le fissazioni: mercoledì sono stata all'anagrafe. gentilissimamente un'impiegata mi è venuta a prendere appena varcata la porta e mi ha accompagnato nello sportello di cortesia della banca (perché qui si deve pagare per qualsiasi emissione di certificato), e poi quello di cortesia dell'anagrafe in quanto mamma con bimbo (ma tra quanti lustri ci sarà una politica così in Italia?), però nel frattempo mi sentivo migliaia di sguardi addosso probabilmente perché Ricky ed io eravamo gli unici bianchi, o perché portavo Ricky nella fascia sul davanti che qui portano tutti i bimbi con teli ma dietro le spalle, o perché ho avuto il coraggio di portare fuori un neonato senza coprirlo completamente alla vista di tutti per evitare il malocchio, fatto sta che mi osservavano davvero tutti e senza nessuna accortezza di non essere visti da me. Cinque coraggiose hanno avuto anche l'ardore di venirmi a dire che dovevo SUBITO mettere almeno delle calze al mio bambino se non volevo che si ammalasse, perché dai piedi entrano tutte le malattie e non vanno MAI scoperti  ( e quindi i 27-30 gradi di questo mese non sono assolutamente una scusa plausibile!!). Una signora, di fronte alla mia cortese ed educata risposta (anche se cominciavo a scocciar mi in po') che avrei fatto indossare sicuramente i calzini al neonato appena finita l'operazione allo sportello, insisteva perché li tirassi fuori che glieli avrebbe messi lei. Quindi oltre ai colori, sono fissati con i piedi. Bene, me lo segno. Metterò i sandali ai bambini solo dentro casa.
2)il limone, il sale e la pepita: la pepita e' una polvere ricavata dai semi di zucca tritati finissimi. Non c'è cosa che non sarebbe "la morte sua " con la pepita. Per strada, con questo caldo, fanno voglia i chioschetti che vendono frutta fresca tagliata: ananas, mango verde e mango giallo, anguria, papaya, arancia, persino cetrioli. Non fai in tempo a chiederne una bustina che te l'hanno già cosparsa di etti di pepita, sale e un litro di succo di limone. Perché o così, o secondo loro la frutta non sa di niente. I pomodori al ristorante? O con pepita, sale e limone oppure hanno l'alternativa internazionale: le salse a base di mayonese. Se chiedi un po' di olio, pensano tu abbia problemi di stitichezza (l'unico uso concesso dell'olio di oliva e' a cucchiaiate come purgante). A scuola dai miei figli, idem. Li guardano come dei poveracci quando a merenda li vedono addentare una pera, una pesca, una nettarina o del melone senza limone-sale-pepita. Anche perché della pepita tutti decantano proprietà miracolose, altro che le bacche di goji o il ginseng. Poverini questi bimbi italiani, penseranno, la mamma li nutre male.
3)la spesa: a me piace portarmi le buste da casa e dividere maniacalmente le cose per far prima poi a metterle in frigo e in dispensa. Qui delle solerti signorine ti rubano il carrello mentre ti avvicini alla cassa, e ti fanno sparire la spesa dentro i sacchetti di plastica sponsorizzati. Un oggetto per sacchetto, sia mai che la bustina di prosciutto venga a contatto con la scatola del tonno sottolio. Ogni volta colleziono minimo 30 sacchetti quasi inservibili (sono così piccoli che per la pattumiera non servono, al massimo quella del bagno).
4) "ciao come stai?" Qui te lo dicono anche da lontano, appena ti vedono. "Hola que tal?" Io ho la tentazione di avvicinarmi e rispondere, mi fa piacere che qualcuno si interessi di me, e invece dimentico che è un modo di dire. Non gliene può fregar di meno. 
5)i baci. Ti pigliano e ti baciano tutti, anche se è la prima volta che ti vedono. ma solo su una guancia. Si, lo confesso, ho dato parecchie testate e baci sulla bocca nel tentativo di baciare l'altra guancia, come in Italia, il mio ignaro interlocutore. 

Immagino che questo mio umore simpaticamente altalenante e questo sentimento di straniamento contagino anche javier e blanca, che girano al supermercato come dei gourmet e alle promoter  che propongono loro assaggi di vari prodotti dicono  " ah si questo e' buono e possiamo comprarlo, perché sa proprio di Italia". Italia, che ora vediamo come una metà sognata. Eppure, nemmeno qui la vista e' tanto brutta...

giovedì 9 aprile 2015

Espiazione take away

La "Semana Santa" qui e' davvero un hit. Vengono da tutto il centroamerica a vedere come la celebrano qui in Guatemala, e spesso si possono incontrare anche nordamericani in pantaloncini corti e macchina fotografica al collo, all'inseguimento dello scorcio tipico. Noi che fra le tante cose siamo anche affollamento-fobici, non abbiamo mai frequentato molto le celebrazioni, però quest'anno visto che i miei genitori erano in visita da noi e che l'ambiente ideale per un neonato e' sicuramente una strada piena di gente, con la banda che strimpella e centinaia di persone che gli dispensano incenso nelle narici, non potevamo perdercelo per nulla al mondo.
Su tutti i giornali dall'inizio di marzo campeggiavano gli orari delle processioni e le tappe. Sia in capitale che a La Antigua le processioni iniziano due settimane prima e poi durante il giovedì, il venerdì e il sabato santo si scatenano tutte contemporaneamente così che girare in macchina diventa un gioco di strategia per tutte le strade bloccate. Per evitare proprio di trovare il massimo della folla siamo voluti andare a vedere una processione due domeniche prima di pasqua, ma come sempre ci sbagliavamo, perché sembra che la processione "de la Consagrada Imagen de Jesús de la Caída y Santísima Virgen de Dolores, Iglesia de San Bartolomé Becerra " sia una delle più in voga nonostante parta alle sei del mattino e si concluda sedici ore dopo. Solo per veri aficionados, direi io, eppure evidentemente e' apprezzata anche dai devoti dell'ultimo minuto.
Mio suocero, con il suo proverbiale entusiasmo geneticamente non trasmesso a nessuno dei suoi figli, aveva proposto la partenza alle sei per essere a la Antigua almeno quindici minuti prima della partenza e fare una ricca colazione tipica li (salsiccia fritta, uova fritte, platani fritti, fagioli fritti e rifritti, pane tostato e caffè americano). Io non l'ho voluto contrariare, ma siamo partiti da casa attorno alle 9, che è un buon risultato nella mia visione realistica di "famiglia con tre figli e due nonni con cinque bagni ma con uno scaldabagno che permette solo una doccia alla volta". Peccato che Dany si fosse dimenticato di avvisarmi che il piano colazione era saltato, e che quindi bisognava mettersi in viaggio a stomaco pieno, così che ai bimbi avevo portato un frutto per il viaggio ma siamo partiti (solo io e loro eh, Dany ha pensato bene di riempire lo stomaco) affamatissimi.
All'ingresso de La Antigua c'era una coda lunghissima  di auto, bus e pick-up improvvisati taxi con una decina di persone sedute nel rimorchio e perciò alla fine abbiamo fatto il nostro ingresso trionfale in città verso le 11.30. Il tempo poi di cercare parcheggio, fuoriuscire senza dimenticare nulla e nessuno nell'auto, decidere in che direzione procedere ed e' scattato l'allarme rosso "ho fame, muoio!" In contemporanea dei tre pargoli (io un pochino ci speravo perché mi vergognavo a dire di avere una fame da guerra mondiale  e piagnucolare per prima). E quindi, prima sosta!


Il pranzo e' durato forse un pochetto più di quello che si sperava, anche perché il cameriere ci aveva informato che la processione verso le due sarebbe passata vicino al ristorante (embe' dico io, una processione che dura 16 ore prima o poi deve passare dappertutto!)e invece quando ci siamo alzati da tavola erano quasi le quattro, così che abbiamo dovuto rincorrere la processione per mezza città. La processione e' lenta, obietterete voi, ed è vero, il problema e' che inspiegabilmente dappertutto c'erano gruppi di persone che camminavano contromano, oltre ai netturbini che ripulivano subito le strade dalla segatura calpestata, venditori con carrette di dolci, patate e pollo fritto, chincaglieria mista. Aggiungo che sia io che mia madre avevamo scelto delle comodissime zeppe che per camminare sulle pietre tutte sconnesse delle strade antigueñe sono proprio la morte sua, e i bimbi in stato sonnolento postprandiale non sono proprio facili da trascinare. Abbiamo rischiato il linciaggio quando passavamo sulle strade in cui la processione doveva ancora passare, dove le famiglie terminavano di realizzare i famosi tappeti di fiori e segatura su cui deve procedere la processione, e i bambini si avvicinavano cercando di toccare le composizioni. 




Dopo più di mezz'ora siamo riusciti a precedere la processione e vederla finalmente passare. In quella mezz'ora siamo riusciti a:
-perdere mio padre e Blanca: noi ci eravamo fermati, lui proseguiva per oltre un chilometro  con la piccola sulle spalle e un'iguana di gommapiuma in testa, dettaglio che per fortuna ci ha permesso di ritrovarli
-intossicarci di incenso o qualcosa di simile ma molto più penetrante che chiunque bruciava
-non fare foto decenti perché tutti accalcati in pochi metri
- avere di nuovo fame 

Quando la lunghissima processione e' passata, cercavamo disperatamente un locale dove rifocillarci (nuovamente) e invece ci siamo ritrovati ad accontentarsi di una delle tante case che mettevano tavolini in giardino e fingevano di essere un bar, per guadagnare qualcosa da quest'incredibile affluenza di turisti. C'erano persino cartelli di persone che affittavano il bagno di casa, non potendo fare il "bar".
Chiacchierando con il "barista" abbiamo scoperto che anche fra i turisti fanno la fila per riuscire a portare ( a pagamento, sia chiaro!) anche solo per pochi metri uno degli enormi altari della processione, giacché questo assicura l'espiazione dei peccati connessi finora. Più e' pesante l'altare da portare (arrivano a necessitare anche di 150 persone portanti) , più metri lo si porta, più si soffre, e più si è purificati. Ci sono altari da portare persino per i bimbi. Giustamente, perché posso testimoniare che (specie i miei) hanno GRAVISSIMI peccati che non vedono l'ora di espiare!

domenica 5 aprile 2015

Verba non volant

Forse i personaggi al limite dell'assurdo li trovo tutti io, o forse è' meglio dire che riesco a tirar fuori il peggio da chiunque, fatto sta che avevo deciso di far battezzare il piccolo Richie ad appena un mese di vita, approfittando del fatto che i miei, i più ferventi cattolici che conosco, fossero qui in visita. Pensavo fosse una robina facile come in Italia, cioè vai dal prete e chiedi il battesimo, ma non potevo sospettare che qui le chiese pullulassero di burocrati ecclesiastici più che in vaticano!! Avevamo scelto una chiesa nella zona 15, che cioè è equidistante dalla carretera a El Salvador dove viviamo noi, la zona 11 dove vive mia suocera e la zona 2 dove vive una mia cognata che avevamo  designato come madrina. Telefono e la segretaria mi spiega che i battesimi si realizzano il secondo e quarto sabato del mese in una cerimonia apposita alle 15, che è obbligatorio iscriversi (quota di iscrizione 100 quetzales! E se uno non ha i soldi non si battezza? Ma non era che uno poi faceva un'offerta volontaria alla chiesa semmai?), presentare il certificato di iscrizione all'anagrafe che qui si chiama RENAP( si, vi avevo già raccontato dell'insana passione dei guatemaltechi per le sigle futuriste che fanno tanto ventennio fascista tipo "minculpop" o ministero della cultura popolare...Renap vuol dire REgistro NAzionale delle Persone), e una liberatoria della parrocchia di provenienza che autorizza a celebrare il battesimo in quella parrocchia. Premesso che io qui non sono mai andata a messa e ne' mai più, dopo questa esperienza, lo farò, non sapevo quale fosse la nostra parrocchia perché viviamo in un condominio fatto di un centinaio di casette in un terreno a cui si accede direttamente dalla carretera a El Salvador. E'considerato di pertinenza del municipio di fraijanes, ma in realtà il centro abitato di fraijanes dista da casa mia una ventina di km, e' più vicina la zona 10 o la suddetta zona 15. Allora telefono all'arcidiocesi del dipartimento del Guatemala a cui la capitale e fraijanes fanno capo, e la segretaria mi dice "boh!!" Telefoni a un po' di parrocchie a caso nel raggio di venti km e si faccia dire da loro se casa sua appartiene o no alla loro parrocchia. La mia pazienza era ancora lungi dall'essere esaurita e io al telefono ero ancora in grado di parlare con una vocina dolce e delicata. Chiamo tre parrocchie ed effettivamente scopro che apparteniamo proprio alla chiesa "nuestra señora di qualcosa" di fraijanes. Parlo direttamente con il parroco che mi dice che posso andare da lui il giorno dopo perche' lui riceve dal martedì al venerdì dalle 8.30 alle 12. E che se devo fare il certificato  al Renap posso farlo proprio di fronte alla canonica. Perfetto, gli dico, vengo domani!
Il giorno dopo ci presentiamo io e Dany (il nostro matrimonio qui in Guatemala e' stato registrato dal comune ma non appare ancora al Renap quindi per evitare che ricardo venisse registrato con solo il mio cognome dovevamo presentarci entrambi), perdendo entrambi  una giornata di lavoro, i miei e ovviamente il piccolo Richie. 



Fraijanes, dovete sapere, e' una ridente cittadina di 33 mila abitanti fatta di casupole basse, poche sono di due piani (in genere sono di gente che ha familiari che sono riusciti a entrare negli Stati Uniti, trovare un lavoretto in nero, e mandano dei soldi per far vedere al resto della città che ora sono benestanti!), senza nessun piano urbano particolare, ma pulita e ordinata, tanto che il sindaco quest'anno ha vinto il premio come miglior sindaco di tutta la regione iberoamericana. Il suo nome deriva da due frati spagnoli che si chiamavano Giovanni, i due fray juanes, per l'appunto. Dopo questa divagazione torniamo a noi: interno ufficio Renap di fraijanes, dopo una fila di più di quaranta minuti: "salve siamo qui per registrare il bimbo" "fatemi vedere il documento di registro di nascita" "eccolo qui (tronfi d'orgoglio)" "molto bene, e' tutto a posto però dovreste andare prima alla banca a due km da qui con questo bollettino di pagamento, e poi dovreste tornare all'ospedale dove è nato il bimbo a rifare il timbro perché manca il numero di iscrizione all'albo del ginecologo che ha eseguito il cesareo" "coooosa?" "Si mi dispiace ma non posso aiutarvi altrimenti"
Un po' arrabbiati ma rassegnati ci rechiamo alla canonica, in fondo non siamo venuti per nulla, almeno otterremo dal prete la liberatoria. Bussiamo alla porta e si apre uno spioncino, da cui una ragazza ci dice che il prete non c'è. Io a quel punto mi sto già alterando,e chiedo dove sia e quando torna, visto che siamo venuti apposta e lui mi aveva assicurato che in quell'orario ci sarebbe stato. La signorina e' spiacente ma il prete e' via per una riunione e non si sa quando sarà di ritorno. Io insisto, nell'epoca dei cellulari e' mai possibile che non possa chiamarlo e chiedervi quando torna visto che lo aspettiamo?un cenno negativo della testa e lo spioncino si richiude. Io busso di nuovo e con tono sarcastico le dico " mi scusi ma cosa vuole che faccia qui? Aspetto o me ne vado? Siamo venuti apposta! Abbiamo perso una mattinata!" " beh, privi a tornare domani!" "Ma domani sarò sicura di ottenere la liberatoria??" "Non saprei" "scusi ma è' così difficile ottenere una liberatoria? Devo chiederla direttamente all'arcivescovo?" Lo spioncino si richiude nuovamente e questa volta nemmeno se ribusso mi viene riaperto. Comincio ad alzare la voce, parlando con Dany ed i miei, perché la situazione mi sembra assurda, e mi si avvicina una signora con una bimba. Mi racconta che sono settimane che cerca di avere il certificato di battesimo della figlia per poterle far fare la comunione, ma inutilmente. Poi mi svela che le hanno appena detto che il prete entro mezz'ora sarà di ritorno, così ci decidiamo per l'attesa. Nel frattempo vado in macchina ad allattare, e poco dopo arriva mio padre ad avvisarmi che il prete e' tornato. Corro in canonica e il prete sta parlando con Dany , che è in modalità "simpatia ipocrita da dare sui nervi". Il prete non mi guarda nemmeno ne' mi rivolge la parola, mi ignora proprio. Da un biglietto in mano a Dany e ci invita ad uscire. Chiedo spiegazioni e Dany mi dice che la segretaria che ci apriva lo spioncino ha detto al sacerdote che io l'avevo minacciata ed insultata e solo grazie ai modi gentili di Dany e alle sue scuse ci ha concesso un appuntamento nel quale deciderà se farci la liberatoria, che comunque ci costerà 50 quetzales ( no comment). Torno indietro per fargli sentire le mie ragioni, ma non le vuole sentire. Il giorno prestabilito mi presenti all'appuntamento decisa a dirglienebpiu di quattro, ma il prete sembra diverso, tranquillo. Mi fa accomodare, mi prepara la liberatoria e subito la fattura, me le consegna e poi mi liquida con "ho ricontrollato le telecamere della canonica e della strada: effettivamente lei non ha insultato e minacciato la mia segretaria, comunque il suo comportamento non mi piace, non può mica andare in giro a dire ciò che vuole!". 
Mi alzo, lo saluto, e me ne torno a casa. Ho l'impressione di vivere in una commedia di Pirandello. Ed è inutile insistere, dovrò imparare a non dire ciò che penso e incassare i soprusi di chi ha anche il minimo potere. Funziona così. E persino ciò che dico può essere usato contro di me!