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giovedì 5 marzo 2015

Una nuova vita in una vita nuova!


Scusate la mia lunga assenza, ma tra le magagne delle ultime settimane di gravidanza non trovavo la tranquillità per scrivere di nulla, angosciata com'ero da ciò che stava accadendo e da ciò che sarebbe potuto accadere. Ora che tutto è' passato però, lo voglio condividere con voi. Nelle ultime settimane di gravidanza la mia pressione arteriale saliva sempre più, nonostante il farmaco che stavo assumendo, e a tratti non sentivo più muovere il piccolino in pancia. Ero combattuta tra il forte desiderio di un parto non medicalizzato (al addirittura in casa, se possibile!) e la consapevolezza di aver bisogno di assistenza medica perché la gravidanza non si stava più rivelando così fisiologica... E così ogni lunedì a controllo, puntuale come un orologio svizzero( anzi austriaco, perché pare che abbia studiato in una scuola austriaca dalla materna al liceo), il medico mi ripeteva che avrebbe atteso il più possibile ma che se la situazione non si sistemava avrebbe programmato un cesareo...
Questa cosa mi pesava sulla capoccia come una spada di Damocle, finché non ho realmente capito che non c'era proprio da scherzare ne' da discuterne, il battito cardiaco del piccolo stava calando sempre più quindi l'unica cosa su cui si poteva avere un margine di decisione era sul momento corretto per intervenire. Dovete sapere infatti che non è mai stata chiara, fin dall'inizio, la datazione della gravidanza, grazie alle mie note capacità organiZative e alla mia memoria da mollusco. Si sono fatte supposizioni, in base alle ecografie, in base ai ricordi, in base alla cabala, in base all'opinione personale di un sacco di persone che mi guardavano la pancia. Quindi siamo arrivati all'ultima settimana di febbraio che più o meno credevo mi mancassero tre settimane. Come vi dicevo, e' stato necessario un ricovero ed un cesareo programmato. L'ospedale (privato) ci è stato raccomandato dal medico, l'abbiamo scelto tra una rosa di quattro ospedali in cui lui ha la possibilità di operare. Qui funziona che esistono due ospedali pubblici (dove forse lavorano i medici migliori visto che hanno una vastissima esperienza), ma che vengono utilizzati solo dalla gente indigena perché in questi ospedali l'igiene e' un optional e i poveri medici devono fare i salti mortali perché mancano materiali, macchinari,e farmaci.
L'ospedale scelto e' un ospedale universitario, quindi non carissimo, e in più abbastanza vicino a casa (giusto quei 18 chilometri). Ci siamo presentati il mercoledì mattina con in mano una lettera del medico, mi hanno trovato una stanza (prima mi volevano mettere in doppia, poi miracolosamente si è liberata una singola quando già stava per scendermi un lacrimone al pensiero di dover sopportare tutti i parenti della compagna di stanza a tutte le ore, perché qui le visite dei familiari sono illimitate!). Subito tre infermiere  si sono prodigate ad aiutarmi a mettermi la camicia da notte, a stendermi, ad accendere la televisione (wow, satellite con più di200 canali!!!). Nessuno però voleva farmi gli esami del sangue, perché riferivano che il medico non li aveva richiesti. Io ho un po' insistito visto che stavo per affrontare un cesareo e quindi mi sembrava il minimo...meno male che l'ho fatto sennò poi l'anestesista (che non opera senza emocromo completo) e il ginecologo (a cui in gliene può importare un fico secco) si sarebbero azzuffati in sa operatoria, offrendomi un simpatico siparietto che però potrebbe aver ritardato l'operazione di qualche ora.
Nemmeno il tempo di leggermi una rivista e mi hanno cominciato a preparare per la sala operatoria. Prima però ho avuto un colloquio di mezz'ora con la simpatica anestesista che ci teneva a presentarsi e spiegarmi cosa avrebbe fatto lei. In sala operatoria ho conosciuto l'assistente chirurgo, ho salutato il ginecologo e il neonatologo. Il clima era talmente sereno e gioviale che mi so chiesta se ci saremmo fatti due birrette piuttosto che sventrarmi. A quel punto però hanno cominciato a collegarmi al saturimetro, a infilarmi aghi a destra e a manca e li mi sono resa conto che lo spettacolo stava per cominciare e devo aver fatto delle espressioni terrorizzate. L'anestesista, prima ha provato a calmarmi accarezzandomi la testa, poi ha pensato bene di collegare il suo iPod con in loop tutto bocelli e ha preso a cantarlo a squarciagola. Il perche' bocelli mi dovrebbe piacere e rilassare solo perché italiano mi sfugge, ma ho apprezzato lo sforzo. Mi è sparita la sensibilità alle gambe, i medici si son messi al lavoro e venti minuti dopo ricardo era vicino a me. Il bello e' venuto dopo. Il cesareo non è una passeggiata, i punti fanno male, l'anestesia prima di sparire e' fastidiosa, per non parlare del catetere...eppure mi è parso di stare al grand hotel. Le infermiere erano sempre in stanza, anche se non le chiamavo si presentavano ogni 10 minuti a chiedermi come stavo, se avevo bisogno di qualcosa, se desideravo riposare e volevo che portassero ricardo al nido. Ho avuto la sensazione che amassero il loro lavoro, non ho sentito nessuna sbuffare, ne visto alzare gli occhi al cielo nemmeno la quarta volta in cui durante la notte mi hanno dovuto cambiare le lenzuola. E per farlo, pur di non svegliarmi, un'infermiera mi prendeva delicatamente in braccio (mioddio quella donna soffrirà di ernie multiple per colpa mia). A me e ricardo ogni volta che si prendevano cura di noi erano rivolti nomignoli come "tesoro, principe/principessa, cara...", Riccardo e' stato accarezzato-coccolato  e ci mancava poco che fosse sbaciucchiato da tutte le infermiere che lo hanno cambiato e lavato. Persino il primario del reparto era di una gentilezza senza pari (era anche molto molto effeminato ai limiti della crisi di risa isterica, il che mi ha reso difficile mantenere la compostezza)anche se pensandoci bene io non ero sua paziente. Quello che ho apprezzato di più e' stato il menù: frullati di frutta fresca ad ogni pasto, sorbetti di frutta esotica a pranzo e a cena come dessert, caffè o te  in ogni momento, altro che pollo lesso, carote lesse e stracchino dell'ospedale in Italia! Ogni cambio turbo il personale del turno precedente veniva a accomiatarsi e mi presentava quello del turno successivo, anche se dopo due secondi mi ero già scordata i nomi di tutti. Quando sono stata dimessa al mattino tutti i medici sono venuti uno ad uno a salutarmi e a vedere come stavo, poi e' stato il turno delle infermiere di turno ed una di loro mi ha persino accompagnata in sedia a rotelle fino alla macchina. Mi ha chiesto se a casa mi aspettava già una sua collega per aiutarmi, io sbalordita ho scosso la testa, e ho scoperto che qui e' la prassi tornare a casa e farsi assistere almeno la prima settimana da un'infermiera che si occupi del bimbo e della mamma, che deve stare a letto una settimana e comunque in casa 40 giorni!
Non è che aspirassi a tanto, ma penso che comunque rientrare a casa e ritrovarsi di colpo tre figli di cui due destabilizzato dalle crisi di gelosia, un collega di lavoro di tuo marito che ha scelto un momento perfetto per fargli visita e soggiornare a casa tua, i tuoi genitori scombussolato da un viaggio intercontinentale, sia stato comunque un impatto appena un po' troppo duro anche per me...